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UN APPROFONDIMENTO SULLA RINUNCIA ALL’EREDITA’

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UN APPROFONDIMENTO SULLA RINUNCIA ALL’EREDITA’ 4273 0

La rinuncia all’eredità tra formalità e motivazioni.

articolo di CAF News 24

Ritengo che sia tutt’altro che inusuale ricevere dai propri assistiti richiesta di informazioni circa la rinuncia all’eredità, istituto questo, avvolto dal mito e spesso evocato a sproposito.

Per questo ne voglio tratteggiare su queste pagine alcuni aspetti, lo faccio in questi ultimissimi giorni di agosto auspicando anche da parte vostra, la disponibilità ad affrontare questioni non proprio legate all’attualità, ma di sicura utilità.

Cominciamo col focalizzare la natura della rinuncia, in cosa consiste?

E’ una dichiarazione, resa ad un notaio oppure al Cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione. E’ l’atto con il quale il chiamato all’eredità manifesta la volontà di non subentrare al defunto nei suoi diritti e rapporti.

Chiarito di cosa si tratta, proviamo ad individuarne le motivazioni.

Come è facile immaginare queste, attengono ad un vissuto che è solo nelle disponibilità dell’erede e che per questo non possiamo rappresentare in questa sede. Nel folle periodo che stiamo vivendo ed anche per gli effetti Covid è stato tutt’altro che infrequente assistere chi rimane, nella scelta di farsi carico o meno di un’eredità, soprattutto se afflitta da una situazione debitoria importante.

Immaginiamo quale dolore possa rappresentare per il chiamato all’eredità valutare la possibilità di dover rinunciare ad un’eredità molto spesso consistente nei frutti del lavoro e dei sacrifici di un’intera vita della persona amata.

Capita che il rispetto, l’amore, il ricordo possano mitigare la pulsione alla base di una scelta che a volte può essere opportuna.

Noi siamo MCL e facciamo della persona e dei suoi bisogni il centro del nostro agire; questi sono aspetti che dobbiamo essere pronti ad affrontare.

Con la delicatezza e la competenza che le circostanze impongono, occorre valutare la situazione e fornire indicazioni affinché non si facciano solo scelte “facili” ma che, nel medio – lungo periodo possano avere effetti spesso difficili, se non impossibili da gestire per chi rimane, che altrettanto frequentemente vive situazioni di debolezza.

Per questo, al netto delle motivazioni di carattere personale (che ovviamente non tratto), la prima cosa da fare sarà una valutazione di tipo economico. Laddove si ritenesse che i vantaggi ottenibili dall’accettazione siano inferiori agli svantaggi, ad esempio, nel caso in cui l’attivo stimato sia inferiore all’ammontare dei debiti del de cuius, oppure nel caso in cui l’erede non fosse in grado di sostenere i debiti derivanti dall’accettazione perché dispone di sostanze proprie esigue, esponendo la quota ereditaria all’aggressione dei creditori personali, sarà necessario valutare l’ipotesi di rinuncia.

In casi come quelli appena enunciati la rinuncia produce l’effetto di non acquisire l’eredità, in questo modo, egli non diventa erede e rimane completamente estraneo all’eredità, con la conseguenza, tra l’altro, che nessun creditore potrà rivolgersi a lui per il pagamento dei debiti ereditari.

Il chiamato all’eredità che fa la dichiarazione di rinuncia viene considerato perciò come se non vi fosse mai stato chiamato. Si parla, infatti, di effetto retroattivo della rinuncia (articolo 521 Codice civile).

Importante sapere: il coniuge superstite del defunto, anche se rinuncia all’eredità, può trattenere il diritto di abitazione e di uso, trattandosi di un diritto previsto dall’articolo 540 Codice civile in quanto legato ex lege.

Esiste un termine entro il quale esercitare la rinuncia?

Ai sensi dell’articolo 480 del Codice civile, il diritto di accettare l’eredità (e quindi di rinunciarvi) si prescrive in 10 anni dal giorno della morte del defunto.

Questo termine non è però assoluto, esiste infatti una circostanza che può abbreviarlo.

Chiunque vi abbia interesse (ad esempio, un creditore personale del chiamato) può chiedere al Tribunale del luogo ove si è aperta la successione che sia fissato un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o meno l’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare/rinunciare l’eredità (articolo 418 Codice civile).

In ogni caso, la rinuncia all’eredità deve essere fatta con una dichiarazione:

  1. ricevuta da un Notaio;
  2. ricevuta dal Cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione.

La dichiarazione di rinuncia sarà poi inserita nel registro delle successioni.

Si decade dal diritto di rinunciare se il chiamato all’eredità ha accettato tacitamente l’eredità, per esempio perché ha sottratto o nascosto beni spettanti all’eredità.

Altro aspetto che ritengo opportuno chiarire è la circostanza della condizione, del termine o della limitazione.

  1. La rinuncia non permette alcuna condizione (ad esempio, non si può dichiarare “rinuncio all’eredità a condizione che A venda a B la sua auto”);
  2. non si può prevedere alcun termine (ad esempio, non si può dichiarare “rinuncio all’eredità fino al …….”);
  3. non si può prevedere alcuna limitazione (ad esempio, non si può dichiarare “rinuncio all’eredità limitatamente alla sola autovettura, ma accetto le sue proprietà immobiliari”), come pure accetto i soli crediti e rinuncio ai debiti.

La rinuncia è dunque “universale”.

Qualora si contravvenga a tale disposizione, la dichiarazione è considerata nulla.

Nel caso di dichiarazione di rinuncia ed in presenza di più eredi, l’eredità viene così devoluta:

nelle successioni legittime: se vi sono altri coeredi legittimi, la parte di colui che rinuncia è suddivisa

equamente fra questi coeredi, salvo il diritto di rappresentazione, che fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente anche nel caso in cui quest’ultimo non vuole accettare

l’eredità.

Se, invece, non vi sono altri coeredi legittimi, l’eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe nel caso che il rinunciatario mancasse.

Nelle successioni testamentarie: se vi sono altri coeredi testamentari, la parte di colui che rinuncia viene suddivisa equamente fra questi coeredi, a meno che lo stesso defunto non abbia disposto una sostituzione.

Se invece non vi sono altri coeredi testamentari, l’eredità si devolve agli eredi legittimi.   

La rinuncia all’eredità può essere impugnata.

Possono avere interesse ad impugnare la rinuncia i creditori del soggetto che ha rinunciato.

Questi ultimi possono farsi autorizzare dal Tribunale ad accettare l’eredità in nome e luogo del loro debitore, per potersi soddisfare sui beni ereditari, fino alla concorrenza dei loro crediti.

Importante sapere che questo diritto dei creditori si prescrive in 5 anni, decorrenti dalla data della dichiarazione di rinuncia (articolo 524 Codice civile).

La rinuncia può essere impugnata anche da chi l’ha posta in essere, questo può accadere quando sia stata causata da violenza o inganno, questo a prescindere da chi ne sia il colpevole.

La specifica impugnazione può essere fatta entro 5 anni dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il raggiro (articolo 526 Codice civile).

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