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LIMITE ALLE LOCAZIONI BREVI
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LIMITE ALLE LOCAZIONI BREVI

Qualcuno potrebbe dire ”è finita la pacchia!” infatti la piena operatività dal 2021 dell’articolo 1, comma 595 della legge 178/2020 (legge di bilancio 2021) consente la locazione breve nell’arco di un anno ad un numero massimo di quattro abitazioni per ciascun contribuente.

Conseguenza di questo assunto normativo è che “solo per le locazioni brevi”, l’utilizzo di un’ulteriore abitazione con il medesimo regime, si configura come attività d’impresa (art.2082 del C.C.) e dunque soggetta ad apertura della partita iva. 

La norma va analizzata da un punto di vista operativo, per prima cosa, si ripete, la sola locazione “breve” (ex articolo 4 del Dl 50/2017) di un numero di unità abitative superiore a quattro genera gli obblighi di cui sopra, questo significa pure, che un contribuente che avesse concesso in locazione 6 immobili con contratti di locazione “4+4” non sarebbe di converso interessato dal provvedimento e dunque il reddito fondiario effettivo non sarebbe attratto nel regime d’impresa rimanendo nel quadro B e potrebbe rimanere soggetto a cedolare secca. 

Invece, per rimanere in ambito di quadri della dichiarazione Redditi, nel caso di locazione breve e più di 4 immobili per annualità il reddito confluirebbe nei quadri RG oppure RF ( se regime ordinario).

Per dirla tutta, i problemi non finiscono qui, infatti ci sarà da gestire una serie di questioni operative tutt’altro che irrisorie, che investono la sfera delle opzioni e non secondario anche l’aspetto previdenziale.

Opzioni determinanti, spesso rimesse a condizioni di mercato che prevedono in taluni cointesti geografici la “necessità” di ricorrere a locazioni brevi, in quanto non vi è richiesta di contratti di locazione di tipo “ordinario”.

Con il risultato che il nostro sfortunato utente si troverà nelle condizioni di accedere o recedere dai diversi regimi fiscali in funzione della numerosità degli immobili che potrà locare ed alle condizioni che il mercato permetterà.

Si pensi alla problematica legata al passaggio del cespite dalla sfera personale a quella imprenditoriale, in quanto se è pur vero che si passerebbe da persona fisica a ditta individuale, vi sono comunque difficoltà legate all’attivazione di una partita iva, all’iscrizione al registro delle Imprese ed alle numerose “gabelle” che questa mutazione si trascina con se, crediamo poi, sarebbe ancor più complessa una trasformazione regressiva cioè da partita iva a codice fiscale. Per non parlare delle plusvalenze nel caso di cessione dell’immobile nel frattempo attratto nella sfera imprenditoriale.

Da ultimo per quel che riguarda la sfera “tributaria” c’è da dire che, paradossalmente, questo regime finirebbe col diventare addirittura più conveniente rispetto a quello della cedolare secca (21%) che al contrario tassa integralmente il reddito prodotto.

Il codice Ateco individuato per questo tipo di attività potrebbe essere il seguente: 55.20.51 «Affittacamere per brevi soggiorni, case ed appartamenti per vacanze, bed and breakfast, residence».

L’apertura della partita Iva potrebbe poi aprire il “fronte previdenziale“,  con altri aspetti assolutamente controversi, basti pensare ad una recente pronuncia della Cassazione (ordinanza n. 29913, depositata il 25 ottobre 2021) che ha previsto, ai fini di un’iscrizione nella gestione commercianti, che l’attività di mera riscossione dei canoni di locazione non costituirebbe, di fatto, ai fini previdenziali attività d’impresa.

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