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SANITA’ INTEGRATIVA IL PUNTO SULLA CONVENIENZA

Ieri abbiamo affrontato la previdenza integrativa, oggi proviamo a fornire ulteriori spunti di riflessione con riferimento al Welfare aziendale e no, legato alla sanità.

In termini assoluti vi è deducibilità dal reddito di lavoro o comunque di lavoro autonomo dei contributi versati a casse di previdenza ed allo stesso modo a fondi sanitari integrativi.

Cambiano operò i parametri, la previdenza complementare non concorre alla formazione del reddito di lavoro fino alla somma di euro 5.164,57, mentre i fondi sanitari integrativi, oppure contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro per il lavoratore o versati direttamente dal contribuente per un importo invece non superiore a euro 3.615,20.

Riguardo alla detrazione va ricordato che questa opera con specifico riferimento alle coperture garantite. Si godrà di una detrazione pari al 19% con riferimento ai premi per assicurazioni aventi ad oggetto il rischio morte o invalidità permanente (non inferiore al 5% e derivante da qualsiasi causa, sia infortuni che malattia) per un importo complessivamente non superiore a 530,00 euro e il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana per un importo complessivamente non superiore a 1.291,14 euro.

Tale agevolazione fiscale è riconosciuta a condizione che i contributi siano versati in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale e che la cassa assistenziale operi negli ambiti di intervento stabiliti con decreto del Ministero della salute e che sia iscritta nell’apposita sezione dell’Anagrafe dei fondi sanitari del Ministero della salute.

I nostri pazienti lettori mi concederanno una digressione utile a meglio inquadrare l’operazione dal punto di vista del datore di lavoro.

Il primo principio è che tutti i rimborsi corrisposti al lavoratore concorrono alla formazione del reddito di quest’ultimo, c’è però una specifica deroga a questo principio di omnicomprensività, ed interessa ciò su cui stiamo ragionando, non concorrono (art.51 TUIR) a formare il reddito, i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti con decreto del Ministro della Salute (D.M. 31 marzo 2008), per un importo non superiore complessivamente a 3.615,20 euro

Fin qui tutto fila liscio, ma non possiamo esimerci dall’affrontare l’annosa questione della detraibilità delle spese rimborsate, che spesso tante incertezze desta.

Primo concetto, la spesa medica si considera detraibile (al netto della franchigia di euro 129,11) a patto che sia rimasta a carico del contribuente. 

Quando una spesa non si considera a carico ?

La spese non si considerano rimaste a carico qualora la spesa sia stata sostenuta o rimborsata a seguito di contributi dedotti dal reddito o che comunque non hanno concorso alla formazione del reddito (circolare 29 marzo 2018, n. 5, par. 2.3.).

Le spese sanitarie non rimborsate dal fondo sono invece sempre detraibili nella misura ordinaria (19% per la parte eccedente 129,11 euro), questo, anche nel caso il lavoratore abbia contributi sanitari nella CU ed a prescindere dal loro importo.

Ma le spese rimborsate sono sempre considerate non rimaste a carico, perlomeno per la parte coperta dal rimborso?

La risposta è no, le spese sono considerate detraibili in quanto rimaste a carico, anche se rimborsate, l’importante è che non si sia proceduto alla deduzione dal reddito dei premi versati al fondo od alla compagnia assicuratrice.

In buona sostanza opera una sorta di alternatività fra la deduzione dei premi assicurativi e detrazione delle spese sanitarie.

Nel caso poi, tutt’altro che infrequente, che i premi versati siano eccedenti il limite dei 3.615,20, opera una sorta di soluzione “mista” che vede la concorrenza delle due fattispecie, cioè rimborso delle spese sanitarie a fronte di una quota di contributi non dedotti, specificatamente per la somma eccedente il limite dei 3.615,20 ed una quota di contributi dedotti sempre nello stesso limite.

In questo caso la detrazione delle spese sarà commisurata al rapporto esistente fra il totale delle spese sostenute eccedenti il limite dei 3.615,20.

  

Il versamento dei contributi risulterà dalla Certificazione Unica (CU). Il datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta provvede ad operare la deduzione delle quote contributive corrisposte al Fondo fino all’anzidetto limite di 3.615,20 euro annui.