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IL VIAGGIO NEI CARDINI DELLA RIFORMA TRIBUTARIA, FACCIAMO PROPOSTE

Ieri abbiamo accolto il disagio del Direttore Generale dell’Agenzia delle Entrate, allorquando davanti al parlamento è chiamato a dar conto della fiscalità italiana. Oggi proseguiamo nel nostro viaggio, commentando i cardini essenziali di una riforma spesso auspicata, molte volte avviata, ma mai, conclusa.

Un contributo vogliamo darlo valutandola per aree.

Il primo ambito di intervento deve necessariamente interessare il rapporto cittadino istituzioni. Serve ricostruire dalle fondamenta questo principio di partecipazione alla cosa pubblica. Il primo vulnus, risiede nella percezione che i cittadini hanno degli effetti delle pratiche elusive od evasive, l’errore risiede nella convinzione, che l’ambito nel quale certi reati si consumano e determinano i loro effetti sia esclusivamente quello personale, manca infatti la percezione di una dimensione collettiva della fiscalità.

Va detto che il disegno di riforma intercetta questa debolezza, infatti, ha fra i suoi punti la revisione dello Statuto dei diritti del contribuente.

Come in altri ambiti si ritiene che non serva necessariamente un intervento di riscrittura o revisione, quello che occorre è sicuramente promuoverne l’applicazione; quante volte nei rapporti con l’Agenzia delle entrate come CAF, abbiamo invocato il rispetto dei cardini dello statuto, la risposta? Come potrete ben immaginare …. Il nulla cosmico!

Perché riscriverlo? Lo Statuto (L.212/2000) contiene alcuni principi fondamentali, quali la chiarezza delle norme tributarie e degli atti, ma soprattutto la tutela dell'affidamento e della buona fede per i contribuenti (cosa ancora più importante).

Serve invece renderla una legge generale tributaria di pari dignità, ad esempio col TUIR. 

Occorre semmai, intervenire rafforzando l’obbligo di motivazione degli atti impositivi e valorizzare il principio del legittimo affidamento del contribuente; occorre razionalizzare la disciplina degli interpelli e potenziare l’istituto dell’autotutela, come primo ed essenziale atto deflattivo del contenzioso tributario.

Troppo spesso gli uffici non prendono in esame i contenuti dell’autotutela, inducendo così all’inevitabile attivazione del contenzioso. Quante volte ho ascoltato, “nel dubbio che valuti il giudice !”,  tutela perciò, sia dei funzionari dell’Agenzia ma anche rispetto nei confronti dei cittadini.

Introdurre infine una disciplina generale delle invalidità degli atti impositivi, mitigando gli effetti della tutela, che spesso sfocia nel sopruso, dell’interesse superiore alla garanzia del bene collettivo, che pone su piani diversi cittadini ed istituzioni e, di rimando veicolare i medesimi principi all’interno delle procedure del contenzioso tributario.

La nostra certezza è che per stimolare la crescita, serve passare ad una migliore efficienza della struttura delle imposte e, al contempo, ridurre il carico fiscale.

Questo deve necessariamente passare per la revisione del rapporto cittadino fisco, il più volte sbandierato principio del fisco amico, non può essere rimesso a inconsapevoli congiunzioni astrali, ma piuttosto essere figlio di una politica che riporti al centro la persona e le sue legittime esigenze, infine lo stato come garante dei diritti di tutti.