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FRUIZIONE DEI BONUS NEL CASO DI SOSTITUZIONE IMPIANTO DI RISCALDAMENTO

Sappiamo perfettamente che ai fini della fruizione del superbonus o comunque degli ecoincentivi, nel caso di un impianto di riscaldamento. Si faccia il caso di un immobile ubicato in una zona marittima, sovente in tali località a causa della mitezza del clima l’immobile potrebbe essere sprovvisto di impianto termico centralizzato e se l’abitazione fosse riscaldata unicamente da una stufa a legna, localizzata in un solo ambiente, inevitabilmente ai fini della detrazione si porrebbe il problema di comprendere se la stufa possa essere considerata idonea a riscaldare anche le parti restanti dell’immobile al punto da considerare l’eventuale successivo impianto termico come ristrutturazione e non già come elemento di novità, perché in questa ipotesi l’intervento di efficientamento energetico potrebbe risultare indetraibile.

In queste situazioni l’unica possibilità che si ha per poter ricondurre l’intervento ad una detrazione per 110% o comunque ecoincentivi, sarà poter certificare che la stufa sia rispondente alla definizione di impianto termico di cui all’art. 2, comma 1, lettera l-tricies ) del D.Lgs. n. 192/2005, come modificato dal D.Lgs. n.48/2020.

Chi può certificare tale requisito? Certamente non il contribuente e nemmeno colui che appone il visto di conformità, tale caratteristica potrà essere certificata esclusivamente grazie all’ausilio di un tecnico asseveratore che attesti la preesistenza dell’impianto termico e la sua rispondenza alla definizione di impianto termico così come prima esplicitato.

Il tecnico dovrà ispezionare l’immobile e l’impianto stesso e verificare se la potenza sia sufficiente a riscaldare tutti gli ambienti e se l’impianto sia funzionante o riattivabile con un intervento di manutenzione, anche straordinaria.    

Quello ripreso è un percorso teso a definire le caratteristiche della “stufa”, ma non basta, serve poi poter certificare che questo impianto di riscaldamento una volta definito tale, fosse preesistente agli interventi in detrazione.

Serve ora identificare il novero dei mezzi di prova utilizzabili. Al riguardo ci viene in aiuto la circolare n. 30/E del 2020 dell’Agenzia delle Entrate.

Nella circolare l’agenzia risponde ad un quesito di tenore assai simile al dubbio che stiamo cercando di sciogliere, precisando che, come previsto dal D.M. 10 febbraio 2014, a partire dal 1° giugno 2014, un impianto termico deve essere munito di un libretto di impianto per la climatizzazione. Il che ci porta a ritenere che l’esistenza di un libretto di impianto possa ragionevolmente essere considerato requisito di idoneità al riscaldamento dell’ambiente, dunque l’esistenza di un libretto ci porterebbe a ritenere che la prova della preesistenza di un impianto di riscaldamento conforme alle disposizioni di cui all’art. 2, comma 1, lettera l-tricies ) del D.Lgs. n. 192/2005, come modificato dal D.Lgs. n.48/2020 sia assolta. Va da se che la questione rimane irrisolta, invece, per le stufe precedenti all’entrata in vigore dell’obbligo del libretto, come dire che prima del 2014 l’assenza del libretto imporrebbe ulteriori meccanismi di verifica della preesistenza, perché abbiamo scritto che il requisito dell’efficienza potrà essere asseverato invece dal tecnico.

Arrivati a questo punto è evidente l’esclusione dal beneficio degli interventi di efficientamento energetico relativi a semplici ampliamenti ad esempio dell’immobile, questo perché sappiamo che le ristrutturazioni detraibili non possono, per definizione, interessare anche indirettamente ampliamenti volumetrici dell’immobile ne a maggior ragione nuove costruzioni le quali, per definizione in quanto nuove non potranno soddisfare il requisito “essenziale” della preesistenza dell’impianto termico.